Un punto guadagnato o uno perso? Il dilemma può valere specie se si considera la pochezza assoluta del Milazzo dal punto di vista offensivo. La formazione di Amura appare sempre più inconsistente, sterile, confusa, limitata sia da un punto di vista tecnico-tattico che da un punto di vista caratteriale. Già alla mezz'ora del primo tempo stava infatti lasciando il pallino ad un Fano ordinato, capace di produrre tre palle gol nella prima frazione (addirittura clamorosa quella capitata al poco nobile piede di Misin) e due nella ripresa (mai pericolosi invece i locali). Dopo quasi un'ora, però, Amura si risvegliava dal suo evidente quanto inspiegabile torpore, che gli aveva fatto mettere in campo insieme Scalzone e Spilabotte in attacco, per un inedito quanto indecoroso 4-4-2. I due punteros sono sembrati goffi, pesanti, approssimativi, oltre che troppo simili: i migliori alleati della difesa avversaria, insomma. Ma poco dopo l'avvio della ripresa, appunto, finalmente scoccava il momento di Proietti: senza fare chissà cosa, il miglior giocatore della rosa rossoblù metteva a soqquadro le fila difensive ospiti, tirando subito in porta con decisione (il portiere marchigiano Orlandi parava sicuro) e dando l'avvio all'azione che portava Bucolo a trovare il sette della porta avversaria con un bel tiro a giro da poco dentro l'area di rigore. Ma l'allegria mamertina durava poco: solo 4 minuti dopo il migliore in campo, il regista ospite Zebi, con un destro radente dal limite sorprendeva Croce. L'entrata in campo di Fiore e Mangiacasale sembrava ai più un altro tardivo emendamento di un allenatore locale piuttosto impacciato. Ma il risultato non cambiava. E, alla fine, questo pari modesto, tanto più perché ottenuto contro una diretta concorrente nella lotta per la salvezza, è il sigillo più ambizioso che il Milazzo possa pretendere. Modesto come la squadra rossoblù di quest'anno.
fas
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